Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/191

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nii. E come poi egli non sentì mai nè inclinazione, nè amore alla giustizia e alle buone opere, onde potere tenersi salvo da tali insidie; ed essendo anzi di animo tutto dato alle stragi e all’avarizia, ed insieme alle adulazioni ed agl’inganni esposto, e negli affari gravissimi facile ad essere agitato come una leggerissima polve, sicchè nè parenti, nè amici potevano in lui porre fiducia di nulla; e di più l’ingegno suo versatile sempre vagava incerto sopra ogni cosa; indubitatamente era opportuno agli assalti de’ venefici, e alle trame di Teodora. L’Augusta adunque amò quanto mai dir si possa Pietro in queste arti istrutto; e sebbene l’Imperadore finalmente gli togliesse non mal volentieri la prefettura del pretorio, poco dopo per impegno di Teodora lo prepose all’erario, toltane quella carica a Giovanni, che da pochi mesi v’era stato nominato.

Era quel Giovanni palestino di nascita, uomo d’insigne mansuetudine e probità, il quale nemmeno nelle cose sue avea mai saputo mettere insieme roba, nè mai avea offeso persona. E come per questo era dalla moltitudine stimato, così non era per niente nelle buone grazie di Giustiniano e di Teodora: i quali ove fuori di loro aspettazione trovarono alcuno de’ loro ministri buono e probo, presto se ne nausearono, e prendendolo in avversione cercarono ogni mezzo di disfarsene. Pietro adunque fatto prefetto dell’erario, fu cagione di grandi calamità a tutti, massimamente per avere diminuita la più gran parte delle somme, che giusta il costume antico, e le istituzioni imperiali, doveansi ogni anno distribuire per sollievo di molte famiglie. Dall’erario costui,