Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/202

Da Wikisource.
168

alle fauci dell’Eussino. Nello Stretto dell’Ellesponto non si permise mai alcun ordine di pubblicani, nè alcun banco di cambiatori, o prestatori. Fu colà dagl’Imperadori mandato un pretore, residente in Abido, officio del quale fosse vedere le merci e le armi, che senza licenza del Principe sulle navi si trasportassero a Costantinopoli, e chicchè fosse, il quale di là navigasse senza lettere o tessera del magistrato a ciò preposto. Nè poi era permesso partire con navi da Costantinopoli, senza licenza de’ ministri dipendenti dal maestro degli officii. Piccolissimo era il dazio, che esigevasi dai padroni di nave. Simile magistrato mandavasi all’altro Stretto colle stesse ispezioni; ed invigilava se merci si conducessero ai Barbari abitatori delle spaggie dell’Eussino, le quali fosse vietato di recare dalle città de’ Romani ai nemici. Il pretore a queste cose destinato non poteva dai naviganti farsi pagare veruna cosa. Non così fu dacchè Giustiniano salì al trono imperiale. Sull’uno e l’altro Stretto vennero messi pubblicani; e due pretori colà collocati con determinato soldo, perchè ogni attenzione ponessero a cavar denaro quanto potessero mai il più. Costoro, che non desideravano se non di rendersi accettissimi all’Imperadore, fecero pagar dazio per ogni qualunque merce a’ naviganti. Così fecesi pure all’altro Stretto.

Al porto poi di Costantinopoli prepose un certo Addeo, siro di nazione e suo famigliare, a cui ordinò di procurargli guadagno qualunque sulle navi mercantili che colà approdassero. Costui alle navi stanziate nel porto di quella capitale non permise di partirne, se non