Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/211

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fettura inoltre fissò i prezzi. Somma fu quindi la penuria che delle cose necessarie la città patì; e a’ poveri mancarono i generi, che innanzi a vilissimo prezzo vendevansi; e spezialmente li oppresse la carestia del pane. Di che la cagione era, che fattosi egli il solo che potesse trar frumento dall’Egitto, non lasciando agli altri di poterne comprare nemmeno un medinno, il pane tariffò secondo che la sua cupidigia gl’inspirava. In breve tempo adunque acquistossi grandi ricchezze, e diede occasione all’Imperadore di fare altrettanto. Mentre poi il popolo alessandrino per paura contenevasi dal mormorare apertamente di queste iniquità, Giustiniano giulivo delle continue spedizioni di denaro che Efesto gli faceva, colui solo amava. Per vie meglio poi assicurarsi della grazia dell’Imperadore, ecco cosa inoltre quel briccone immaginò. Diocleziano avea ordinato che ogni anno fosse in favore de’ poveri distribuita al popolo alessandrino una grande quantità di frumento, la quale da quel tempo in poi ripartita fra loro, anche di presente era trasmessa a’ posteri. Ora Efesto ordinò che ne’ granai pubblici si mettessero i due milioni di medinni, che doveano servire ai poveri, rappresentando all’Imperadore, che gli Alessandrini se gli aveano senza ragione appropriati contro gl’interessi dello Stato. L’Imperadore confermò coll’autorità sua il fatto; e sempre più caro ebbe Efesto. Ognuno intanto può figurarsi come gli Alessandrini, che in quella distribuzione di frumento mettevano tutta la speranza della sussistenza loro, tratti in tanta necessità sentissero quella crudele sevizie.