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ed incalzanti lettere di Giustiniano mosso, ordinò che quel diacono fosse flagellato; e lo fu per modo, che ne morì. Il che venuto a notizia dell’Imperadore, per la insistenza che Teodora gli fece, andò in gran collera contra Paolo, Rodone, ed Arsenio, come se si fosse dimenticato degli ordini che avea dianzi dati. Spedì dunque prefetto in Alessandria Liberio, patrizio romano; e mandò nello stesso tempo colà alcuni Vescovi, uomini di riputazione eccellente, per conoscere della causa; e fu tra quelli Pelagio, arcidiacono della Chiesa romana, con ordine di rappresentare la persona del pontefice Vigilio. Paolo, convinto reo di omicidio, fu cacciato dalla sede che occupava: Rodone, che s’era dato alla fuga, per ordine dell’Imperadore fu punito capitalmente e colla confisca de’ beni, quantunque presentasse trenta lettere, nelle quali dall’Imperadore con espressioni gravissime gli era stato comandato di fare quanto Paolo gli avesse detto, e nulla opporre, onde il prelato potesse compiere tutto ciò che circa gli affari religiosi gli fosse paruto. Arsenio poi da Liberio per ordine di Teodora fu fatto crocifiggere; e Giustiniano, di null’altro dolendosi che della intimità che avea avuta con Paolo, ne confiscò anche i beni. Se queste cose fossero, o non fossero giuste, poco m’è noto: bensì dirò a che tenda il racconto, che ne ho fatto.
Non tardò Paolo ad approdare a Costantinopoli, pregando l’Imperadore, ed offerendogli settecento libbre d’oro perchè lo facesse restituire alla sua sede, da cui pretendeva essere stato cacciato ingiustamente. Giustiniano ricevette il denaro; graziosamente ed onorevol-