Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/322

Da Wikisource.
286

delle scene, abbandonata la mala loro condizione, presero miglior partito, e si sciolsero dalla disonesta professione, non abbiano alcuna speranza di simile benefizio del Principe, per virtù del quale ritornarsi a quello stato, in cui avrebbero potuto starsi, e vivere, se in niuna disonesta maniera avessero peccato; noi perciò colla presente clementissima sanzione questo imperial benefizio ad esse accordiamo sotto tal legge, che se la cattiva e disonesta vita lasciando, una migliore ne abbraccino, e coltivino l’onestà, possano al Nume nostro porgere supplica, onde ottenere i divini riguardi, permettendo noi ad esse di poter contrarre matrimonio legittimo; e che quelli, che ad esse vogliano unirsi, non abbiano a temere che per le antiche leggi un siffatto matrimonio resti riprovato; ma debbano essere sicuri, che si rimarrà valido come se le mogli che scelgonsi, mai non fossero vivute in quella disonesta carriera. E ciò dichiariamo in questa sanzione nostra contemplando tanto il caso di quelli, che sono costituiti in dignità, quanto ogni altro di quelli, ai quali fin’ora fu proibito di prendere in moglie donne state sulle scene. Vogliamo però, che tale matrimonio assolutamente sia comprovato con istromento dotale in iscritto. Per siffatta maniera è mente nostra, che onninamente tolta ogni macchia, e restituite tali donne in certo modo allo stato, in cui erano quando nacquero, nessun nome d’infamia in futuro rimanga loro, nè in alcun punto abbiavi ad essere differenza tra esse e quelle che mai così non peccarono. Perciò i figliuoli da codesti matrimonii nascenti, come d’esse, anche pel padre saranno legittimi, ancorchè egli da matrimonio antecedente n’abbia altri legittimi: sicchè quelli al pari di questi possano senza impedimento veruno avere i beni di lui, sia che manchi intestato, sia che faccia testamento. Se poi tali donne dopo il divino rescritto a preghiere di esse emanato differissero a contrar matrimonio, vogliam pure, e comandiamo, che si serbi loro la estimazione, in cui le abbiamo poste, sì per tutti gli altri rispetti, sì per quello di trasmettere la loro sostanza a chi vorranno, e che quella si riceva nel suo pieno importare nella conformità di quella che da altri sia stata lasciata,