Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/426

Da Wikisource.
386

ciascheduna torre; e la pristina aridità del luogo sparì mediante la copiosa provvigione d’acqua piovana.

Conviene poi anche dire quanto egli fece intorno al torrente che dai vicini monti discende. Due scoscesi monti soprastanno alla città, attaccati insieme. Uno di questi è detto Orocassiade, l’altro Stauri; nel luogo, in cui terminano, congiungonsi in un bosco; e un alveo v’è interposto, che riceve un torrente formatosi dopo le piogge, e chiamasi l’Oropnitte, il quale venendo da alto scorreva oltre le mura, e quando si gonfiava molto, spargendosi pei rioni della città recava danni grandissimi agli abitanti. Ora Giustiniano Augusto trovò a tal danno il rimedio. D’innanzi al luogo prossimo all’alveo, per cui il torrente portavasi alle mura, fece alzare una grossa chiusa, che fu condotta dall’alveo fino all’uno e all’altro monte; e ciò perchè quel torrente non ispingesse più oltre i turgidi suoi flutti, ma ivi raccolto ristagnasse. La chiusa avea finestre, e per quelle l’artefice la obbligò a lasciar passare l’acqua in modo da insensibilmente soprastare, e non più così rapidamente spingersi, come in addietro, contro le mura in tanta mole, ed inondare per conseguenza, e rovinar la città; ma dovesse dolcemente e placidamente passare, e spargersi per canali aperti a condurre le acque divise, ovunque gli antichi abitanti le aveano destinate.

Di questa maniera Giustiniano Augusto provvide alle mura di Antiochia, la quale rifabbricò dopo ch’era stata dai nemici messa tutta in fiamme. Fu gran rovina quella, chè distrutto o portato via tutto, della incendiata città non rimasero che i mucchi qua e là sparsi di rottami,