Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/483

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ro, ove i flutti vanno a rompere, e per la reazione sono obbligati a recedere, alzò moli stendentisi a dilungo nel mare, ed attaccati al muro, e gareggianti con esso in altezza. Poi purgò la esterna fossa del medesimo; e cavatane molta terra, la rendè più larga e più profonda. Infine in que’ Muri lunghi pose varii corpi di truppa, attissimi a tener lungi tutti i barbari, se venissero a volere assaltare alcuna parte del Chersonneso. Così ben assicurato tutto, con non minore impegno fortificò l’interno, affinchè se alcun sinistro caso ai muri lunghi pur avvenisse (e il Ciel nol voglia!) gli abitatori del Chersonneso non fossero meno sicuri. Adunque di salde mura cinse la città di Afrodisia, che era quasi dappertutto nuda di difesa: a Ciberi, che giaceva rovinata, diede mura, e abitanti, e bagni, e spedali, e moltissime case, e quanto può dare splendore ad una città; e similmente robustissime mura diede a Gallipoli, che gli antichi aveano lasciata senza tale presidio, confidando ne’ muri lunghi; e nella stessa città fabbricò granai, e cantine a servizio dei soldati, che nel Chersonneso stanziassero.

All’incontro di Abido è Sesto, antica città, ed anche essa da prima trascurata e tenuta senza difesa. Standole presso un assai scosceso colle, che la domina, l’Imperadore fece colà su fabbricare un castello pel sito inaccessibile, ed inespugnabile per chi tentasse l’impresa. Da Sesto non è molto lontana Eleo, a cui stà sopra una rupe, la quale pende sul mare, alzando al cielo la cima, e per sè medesima anche senza opera umana forte: colà ancora il nostro Imperadore piantò un castello, a cui è difficilissima cosa l’andare, e sopra le forze di ognuno