Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/136

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116 GUERRE PERSIANE

mentre dell’aver ceduto i forti della Lazica, mandò scrivendo all’ambasceria che si guardasse bene dall’aderirvi; il re pertanto, al costei rifiuto crucciatosi più che mai contro l’imperatore, si volse ad abborrire ogni ragionar di pace. Rufino allora premuroso di salvare il danaro implorò, gettatoglisi a’ piedi, la facoltà di ricondurlo via ed un breve indugio prima di rinnovare la guerra. Il re, fattolo sorgere, accordògli le pregate cose, talchè i legati romani restituironsi coll’oro a Dara, e le truppe reali tornarono indietro. Ma qui i colleghi movendo qualche dubbio sulla fedeltà di Rufino, troppo agevolmente da Cosroe graziato d’ogni sua inchiesta, rimandaronlo in Bizanzio.

III. Tuttavia dal concepito sospetto non venne macchia alcuna all’onore di costui, avendolo Giustiniano subito rinviato in Persia con Ermogene, dove trascorso non guari tempo ebbe la pace il suo compimento, ed eccone le condizioni: Renderanno ambe le parti tutti i forti occupati durante la guerra: Non vi sarà più in Dara capitan di soldati: Gl’Iberi potranno a lor beneplacito uscire di Bizanzio o rimanervi. Alcuni di essi in effetto continuaronvi lor dimora, passandone altri ad abitare nuove regioni. Per questa pace sottoscritta nel settimo1 anno dell’imperio di Giustiniano i Romani doverono rinunziare ai forti Bolon e Farangion, e pagare il dapprima convenuto danaro; furon poi restituite

  1. Secondo altri codici nel sesto. Chi poi bramasse maggiori notizie sulla compilazione di questi trattati di pace tra l’imperatore ed il monarca persiano legga Menandro Protettore.