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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/256

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234 GUERRE PERSIANE

Il tuo re per lo contrario inoltratosi già coll’esercito su quel di Roma, vuole con grandissima sfacciataggine favellare di pace». Qui tacque, e diedegli commiato.

III. Questi rivenuto a Cosroe lo consiglia di ritirare l’esercito prontamente, accertandolo che non aveva mai veduto duce più forte ed accorto, nè truppa di egual coraggio, encomiandone soprattutto la robustezza. Mostragli ancora la disparita somma nell’aringo tra lui e Belisario, da che riuscendo egli vittorioso non ne riporterebbe altra gloria salvo quella di aver vinto un suddito di Giustiniano, ma se contraria avesse la sorte delle armi farebbe gran vituperio a sè stesso ed alla sua prosapia. I Romani di più all’uopo d’una sconfitta avrebbero ogni dove luoghi muniti da ripararvi, quando alle reali truppe, nell’egual circostanza, mancherebbe qualunque asilo, nè rimarrebbevi forse chi di loro tornasse in Persia a riferirne la nuova.

IV. Il monarca indotto e persuaso da queste rimostranze desiderava conformarvisi, ma trovavane difficilissima la esecuzione, sapendo molto bene la impossibilità di retrocedere per quelle terre all’intutto devastate nella sua venuta, e paventando non i Romani stessero all’erta per fargli opposizione al valicare dell’Eufrate. Dopo lungo pensare in fine risolvè aprirsi la via per lo mezzo de’ nemici, e traversare una regione assai ricca d’ogni maniera di vittuaglia. E Belisario conoscendo meglio d’ogni altro che cento mila guerrieri non impedirebbero al re il passaggio del fiume, guadabile in molti punti, e che indarno opporrebbesi collo scarso numero delle