Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/480

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456 GUERRE VANDALICHE

Cartagine al duce romano, il quale appena videsi non inferiore di combattenti agli avversarii divisò cominciare la guerra.

II. Stoza anch’egli considerando il disertar grandissimo e giornaliero de’ suoi, per tema non addivenisse maggiore pensò giunta omai l'ora di por mano alle armi e di tentare un colpo decisivo; prese quindi il partito d’assalire improvvisamente il nemico, nella fiducia che venendogli dappresso non poche delle truppe cartaginesi tornerebbero a lui; e si valse pare di questo non più che suo desiderio ad incoraggiare l'esercito, mostrandogli per cagione di ciò sicurissima la vittoria. Tutti adunque corron a furia la via di Cartagine, e lunge da lei soli trentacinque stadj piantano il campo. Germano similmente animati gli imperiali e messili in ordinanza di battaglia esce della porta, ove all'udire il ribelle vicino chiamatili a parlamento così dicea:

III. «Egli è debito vostro, o commilitoni, il confessare tutti ad una voce che non havvi tra voi chi a giusto titolo richiamar si possa dell'imperatore, andando esente da ogni rimprovero la sua condotta a vostro riguardo; il quale anzi raccoltivi dalle campagne di Bizanzio con vilissima tonaca ed una bisaccia indosso, tali vi rende che potete oggi disporre della sorte de' Romani; con quanto peri vituperio e perfidia, non aggiugnendo cose peggiori e gravissime oltre ogni credere, ne fosse da voi ricambiato ommetto volontiermente di qui rammentare. Egli tuttavia, acciocchè ne serbiate di continuo la memoria, accordovvi illimitato e generoso perdono senz’altra mercè da voi