Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/131

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LIBRO PRIMO 121

Tra le tenebre soprattutto i barbari paventavano fuor misura, e le sentinelle giaceansi immobili ne’ campi, avvenendo assai di frequente che ed altri ed in ispecie i Maurusii1 usciti delle mura allo scontrarsi ovunque in Gotti o in preda al sonno o sbandati in piccolo numero (com’è moltissime volte il caso ne’ grandi eserciti, richiedendolo o le bisogna della vita, o la necessità di pascolare cavalli, muli, ed ogni maniera di bestiame destinato a nutrirci) li uccidessero, e, di fretta spogliatili, al primo sentore di più forte nemica sorpresa mettessersi a precipitosa carriera, essendo tal gente veloce, per natura, del piede, priva di gravi armadure, ed assuefatta a prevenire colla fuga i disastri. Il perchè gran popolo migrò senza molestia da Roma, riparando chi di essi nella Campania, chi nella Sicilia, e chi altrove, come avvisossi ciascuno per lo migliore. Il duce imperiale osservò in quella non avervi proporzione tra il novero delle sue truppe e la circonferenza delle mura, di qualità che poche essendo le prime, come ho detto, non potea sempre tenerle sotto le armi, o supplirne quando fossero pigliate dal sonno, tributo incontrastabile alla natura umana, con altre le funzioni. Vedeva in pari tempo la massima parte della plebe alle prese colla miseria e con la fame; ne v’ha a meravigliarne considerando la bassa origine degli artieri e il consueto viver loro alla giornata, cosicchè in allora costretti a languire nell’ozio manca-

  1. Così o Maurosii nomavansi dagli Elleni, Mauri dai Romani. V. Strabone, lib. XVII, fog. 19.