Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/185

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LIBRO SECONDO 175

guaine adorne di molto oro e di bellissime gemme; ed arrivato a Spoleto prima d’entrarvi colla compagnia si tolse giù dalla strada avviandosi a un tempio fuor delle mura. Constantino di stanza colà all’udirne, chiamatolo in giudizio si fa cedere innanzi tratto ambo i pugnali, mandandovi a tal uopo un Massenziolo suo pavesaio. Addoloratosene colui di botto corre a Belisario in Roma; dove non guari dopo capitò lo stesso Constantino, istruito dagli esploratori che l’esercito nemico avvicinava. Ora infinattantochè gli affari imperiali stettersi avvolti nell’incertezza e nella confusione Presidio tacque, ma veduto di poi la città andare colla meglio e gli oratori de’ Gotti calcare la via di Bizanzio, come narrava, e’ di frequente visitando il duce e rammentandogli il torto sofferto, istantemente pregavalo ch’e’ gli rendesse giustizia. Nè con minor frequenza Belisario tantosto di per sè, tantosto coll’opera altrui rimprocciava l’incolpato, instigandolo a purgarsi dalla iniqua azione e dal turpe nome procacciatosi con essa: ma è uopo dire che al reo sovrastasse la morte; essendochè egli schernivasi mai sempre di que’ rabbuffi, e si pigliava giuoco dell’offeso. Tal giorno alla fine Presidio scontratosi in Belisario, mentre questi cavalcava nel foro, e dato di piglio alle redini del cavallo ad alta voce lo dimanda se comportino gl’imperiali statuti che un disertore dei barbari, venuto a lui supplichevole con animo di seguirne le parti, sia per istrada violentemente spogliato di quanto ha seco. Tutti i circostanti allora, nè eran pochi, gl’imposero con minaccevole tuono di ritrarre la mano dalle redini, ma egli non