Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/187

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LIBRO SECONDO 177

tore il ferro, e quindi altamente fremendo attrappanne la persona, guardandosi pel momento dal gastigarlo in riverenza, a mio credere, dei personaggi ivi raccolti; ma condottolo non guari dopo altrove d’ordine di Belisario lo mettono a morte. Questa è la sola azione del condottiero per verità non assolutamente onesta, nè degna d’un animo liberale; quando in cambio mai sempre ebberlo tutti esperimentato umanissimo: è forza adunque ripetere fosse battuta l’ora estrema di Constantino.

CAPO IX.

Tentativi de’ Gotti per impossessarsi di Roma col mezzo d’un acquidotto; ma dopo vani assalti ora in palese, ora proditoriamente dati, vien meno ogni loro speranza. — Gastigo da Belisario imposto ad un traditore.

I. In epoca non molto posteriore i Gotti bramosi di macchinare contro le mura di Roma calarono da prima alcuni militi in un acquidotto prosciugato sul cominciar della guerra: or questi con lumi e fiaccole in mano procedevano lungo quella via in traccia d’una entrata nella città, quando per tal apertura, di cui andavano fornita la volta non lunge dalla Porta Pinciana, una delle costei guardie al vedere l’insolito chiarore narrò la cosa ai compagni, i quali, poichè la fabbrica del canale non elevavasi da terra, congetturarono essersi gli occhi di lui avvenuti a quelli di un lupo, scintillanti come fuoco, nel mentre che questo passava

Procopio, tom. II. 12