Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/318

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308 GUERRE GOTTICHE

Gotti i vostri andamenti seco, e di addurci motivo comunque di avervi per iscusati, ed opererete di questa conformità se non atteso l’esito della guerra, ma intanto che serbate qualche piccola e vana speranza prenderete migliori consigli, e vi darete a correggere il vostro mal procedere con noi.» Così era la scritta consegnata da Totila ad alcuni prigionieri acciocchè e’ la ricapitassero, giunti in Roma, al senato; adempiutasi da costoro la commissione Giovanni proibì ai senatori di riscontrarla. Totila quindi, replicate più lettere ed inseritivi gravissimi giuramenti, promise con molta facondia che uom de’ Romani non avrebbe riportato da’ suoi il menomo danno. Con qual mezzo queste lettere pervenissero a Roma non è a mia notizia, imperciocchè di notte ferma vennero affisse nelle più frequentate parti della città, e di questo modo furono in saputa di tutti. Poscia gl’imperiali duci pigliato sospetto dei sacerdoti ariani cacciavanli da Roma, ed il re informatone manda parte delle sue truppe nella Calabria coll’ordine di tentare il castello d’Otranto, ma trovatone il presidio leale nel ricusare ogni proposta di arrendimento impose loro di assediarlo, ed egli col nerbo dell’esercito batte la via di Roma. L’imperatore all’annunzio di queste faccende caduto in gravissimo turbamento d’animo si vide costretto a spedire Belisario contro de’ Gotti, quantunque gli affari persiani dessero ancora moltissimo da pensare. Terminò il verno e con esso il nono anno di questa guerra da Procopio scritta.