Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/413

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LIBRO TERZO 403

per cotanti beneficii abbiano giovato a chi n’era la fonte? In nulla per Dio, è uopo siane la risposta; in nulla ripetiamo, nè in grandi, nè in piccole cose! Finchè non vidersi in istato d’offendervi si moderarono anzi dalla necessità che dal volere infrenati, conciossiachè voi pochissimo vi curavate della regione oltre il fiume, e dal paese di qua venivano dalla tema dei Gotti allontanati. Ora direm noi gratitudine la impotenza di nuocere? e quale sarà la fermezza d’un’amicizia avente quest’unica base? Molto diversamente, o imperatore, sì molto diversamente va la bisogna, al solo potere è concesso di svelare il cuor dell’uomo, e se desso a noi inchinevole o contrario; il libero arbitrio delle azioni mettendo affatto in piena luce i suoi occulti pensamenti, ed eccotene la pruova: i Gepidi non appena videro scacciati i Gotti da tutta la Dacia e voi dalla guerra impediti pigliarono ad assalire iniquamente da ogni banda il vostro dominio; scelleraggine che non sapremmo esprimere colla voce! Ei non insultarono di questo modo all’imperio tuo? Non ebbero violate le leggi regolatrici della società e delle confederazioni? Non ischernito coloro che doveano compiutamente rispettare? Non dichiararonsi contro all’imperiale maestà, cui si recherebbon a gloria di servire, dato a lei un che di riposo per guerreggiarli? I Gepidi, o imperatore, sono padroni di Sirmio, fanno schiavi i Romani, e millantansi di voler conquistare tutta la Dacia. Qual certame in fine sostennero essi per voi o con voi, o qual vittoria mai s’ebbero combattendo contro a voi per riceverne in premio quella regione? E