Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/467

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LIBRO QUARTO 457

fragii dalla seconda proposta tutti di netto muovono alla volta del Medo. Giuntivi a poca distanza i Lazj non voglion sapere di schieramento insiem coi Romani, protestando non impugnarsi da questi le armi nè a pro della patria, nè a pro di chi fosse loro congiunto con istrettissimi legami di sangue, quando al contrario e’ combatterebbero per la salvezza de’ figli, delle donne e de’ suoi lari, e guarderebbonsi bene perdenti nel conflitto dal comparire alla presenza delle mogli, il perchè doveano gli stessi pusillanimi far pruova di valore. Bramavano quindi impazientemente essere i primi e senza compagni ad affrontare il nemico temendo nell’impresa venire sconcertati dagli imperiali, che mai più incontrerebbero coll’eguale animo i pericoli d’una battaglia. Gubaze lietissimo di tanto nazionale orgoglio ragunatili in disparte cercò vie meglio confortarne gli spiriti con tale diceria. «Non so, o prodi, se ad infondere virtù nei vostri petti debbami ricorrere a studiate parole, giudicando affatto vano ogni eccitamento quando la necessità stessa ispira forza e coraggio, quale appunto è di noi tutti il caso. Da questa pugna a fe’ del Nume dipende la sorte della prole, delle donne, della patria, di quanto in fine possediamo, tendendo il nemico a privarci di tutto col provocamento delle sue armi; nè havvi uomo al mondo, il quale di buon grado metta a parte de’ proprii beni chi cerca di forza spogliarnelo, la stessa natura sollecitandoci a conservare quanto abbiamo in proprio. Vi ricordi essere la cupidigia persiana senza freno e misura là dove e’ giungono a farla da padroni; se ora