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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/469

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LIBRO QUARTO 459

cata e provveduta ottimamente d’ogni arma, ad esplorare seguendolo egli stesso coll’esercito, sol pochi rimasi alla custodia del campo. Ma la preceduta cavalleria de’ Lazj, turpemente coi fatti dichiarando bugiarde le sue tante promesse, invanì e distrusse le concepite speranze. Imperciocchè avvenutasi alla vanguardia nemica, mal comportandone la presenza, voltò incontanente i destrieri, scompigliata dando piega, e di carriera s’aggiunse cogli imperiali, non schifa di ricorrere a coloro che sdegnato avea ricevere nel suo schieramento. Ritiratisi gli eserciti nessuna delle fazioni da principio s’accinse ad appiccar battaglia, ora cedendo agli altrui assalimenti, ed ora a rincular del nemico andandogli addosso, nè poco fu il tempo logorato in simiglianti mene, ritratte ed assalti.

III. Nel romano esercito militava un Artabane persiano, da pezza disertato agli Armeni sudditi dell’impero, comprovando loro sua buona fede meglio che con vane parole, coll’uccisione di cenventi nemici guerrieri; ed ecco il fatto. Costui presentatosi a Valeriano, maestro in allora de’ militi per l’Armenia, domandavagli cinquanta soldieri agli stipendj romani, e ricevuti conducevali ad un castello della Persarmenia sotto mentita apparenza di fuggiaschi. Quivi accolto con tutta la compagnia dal presidio, forte di cenventi individui, e per nulla sapevole del costui disertamento, nè dell’animo di macchinare novità, ucciseli dal primo all’ultimo, e fatto bottino delle suppellettili, molte certamente, si restituì presso di Valeriano; i Romani con tal pruova rassicurati delle ottime sue disposizioni aveanlo di poi