Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/506

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496 GUERRE GOTTICHE


II. Il volgo poi iva propagando che, stabilitosi già il persiano dominio nella Lazica, miravano i presenti accordi a renderlo per cinque anni esente da ogni briga, e a dargli mezzo di abitare durante questo tempo colla maggior libertà ed a suo bell’agio i più ubertosi luoghi della Colchide senza tema di esserne dai Romani sotto quale tu vuoi pretesto discacciato; che anzi venivagli così appianata la via di Bizanzio: considerazione di tormento e sdegno per molti. Fremevano ad uno vedendo i Persiani riusciti, sotto il nome di tregua, in cosa da lunga pezza bramata, e giammai nè colla guerra, nè in altro modo potuta spuntare, di farsi intendomi tributario l’imperio. E valga il vero Cosroe, in ordine ai desiderj suoi per lo addietro alla scoperta manifestati, gravando l’imperatore di quattro annue centinaia d’oro nello spazio di anni undici e mezzo aveane ricevute quarantasei collo specioso nome anzi di convenzione pacifica che di tributo, non cessando intanto di esercitare il sovrano potere sopra la gente de’ Lazj, e di guerreggiarla, come si è detto. I Romani adunque perduta ogni speranza di francarsi da sì molesto balzello vedevansi pur troppo ridotti alla triste condizione di palesi tributarj de’ Persiani. Stipulati non altrimenti gli accordi, Isdeguna carico di tanto danaro quanto non sognò mai averne legato alcuno, e addivenuto, se mal non m’appongo, doviziosissimo sopra tutti li suoi, fecesi indietro, avendolo Giustiniano Augusto ricolmo di sommi onori ed assai splendidamente largito. Sì egli poi come il suo codazzo di barbari, e soprabbondante erane il numero, ebbero comodo e piena libertà di