Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/529

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LIBRO QUARTO 519

riferendo cose più e più volte narratemi in sul serio da quegli abitatori. Ripeto impertanto che sebbene tale vada la universale opinione di là, opino doversi ascrivere il tutto ad un parto dell’immaginazione durante il sonno. La piaggia dell’Oceano rimpetto all’isola Brittia va ricca di borgate, ove stanziano pescatori, agricoltori ed altre genti condottevi da viste di commercio; essi tutti annoveransi intra’ sudditi del re dei Franchi avvegnachè non suoi tributarj, sollevati da ogni gravezza già da lungo tempo mercè d’un servigio, com’e’ dicono, prestatogli e che piglio ad esporre. Raccontano pertanto di essere tenuti a condurre, giunto a ciascuno il turno, le anime nell’isola. Ora queglino cui spetta compiere nella prossima notte il pio ufficio tornati sull’imbrunir dell’aere alle proprie case abbandonansi al sonno attendendo il reggitore del tragitto. A notte ben ferma odonsi, picchiato alla porta, da cupa voce invitare all’opera; di colta e’ surgono da’ giacitoj per camminare al lido, costrettivi sì bene da forza, ma ignari di qual tempra ella sia. Quivi rinvengono pronti ed affatto vuoti d’uomini anzi altrui paliscalmi che proprj; montatili danno dei remi in acqua, e sentono le fuste per modo cariche di passeggieri che sino all’ultima tavola ed alle stesse aperture dei remi veggonle affondate, rimanendone appena scoperta l’altezza d’un dito. Remigato non più d’un’ora apportano all’isola Brittia, quando navigando giusta l’usanza loro, intendomi co’ remi e senza vele, ne impiegano ventiquattro; approdatovi e tosto accortisi della discesa in terra de’ loro viandanti si fanno indietro co’ paliscalmi d’una leggierezza