Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/60

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52 GUERRE GOTTICHE

Fozio, posersi da coraggiosi una seconda volta al cimento insieme co’ loro compagni. Partiti ch’e’ furono, Belisario, paventando non il presidio nemico di guardia sulla torre prossima all’acquidotto avesse alcun sentore della frode, trasferitosi da quella banda ingiunse a Bessa di pigliare a discorrere con esso in gottica lingua, acciocchè non pervenissegli alle orecchie il menomo fragore delle armi. E costui ad altissima voce esortavalo che si arrendesse al suo capitano, il quale avrebbelo guiderdonato con gran copia di beni. Ma i Gotti per ogni risposta proferivano scherni e villanie contro il duce e l’imperatore stesso. Di tal modo Belisario e Bessa da quivi agevolavano il prospero successo alle tramate insidie.

II. L’acquidotto era costruito di guisa che proseguiva, coperto da alta volta di mattoni cotti, non sino alle mura di Napoli solamente, ma lungo tratto eziandio per entro esse, mercè di che i guerrieri condotti da Magno ed Enne dopo averle oltrepassate più non sapevano dove si fossero, nè per qual parte uscirne. Come Dio volle nondimeno giunti i primi in luogo ove il canale era scoperto, ai loro sguardi appresentossi una pressochè abbandonata casipola, in cui riparava tal poverissima e sola donnicciuola, ed un ulivo nato e fatto albero sopra l’acquidotto. Appena egli ebbero veduto il cielo e conosciuto essere quivi il centro di Napoli, divisarono saltar fuori; ma privi di ogni mezzo per levarsi di là, massime armati, ergendosi ai fianchi loro alte mura e ben malagevoli da salire, stavano tutti nella maggior incertezza, e gli uni addosso agli altri, essendo