Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/69

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LIBRO PRIMO 61

di numero ma non curanti degli apparecchi necessarj, se guerreggino con nemici di quantità inferiori sieno per essere vie meglio vinti, che non quelli i quali in minor novero ma apparecchiatissimi escono in campo. Non vogliamo pertanto essere i fabbri della nostra rovina col secondare un subito ed immoderato desio di rinomanza, giovando assai più l’aprirsi il varco con qualche poco di momentanea vergogna ad una gloria immortale, che non ischivata per brevissima ora l’ignominia soggiacere ad obbrobrio eterno. Nessuno meglio di voi è al fatto che moltissimi nostri confratelli e quasi tutti gli apprestamenti guerreschi stannosi ora nelle Gallie, in Venezia ed in altre lontanissime regioni; abbiamo di più intrapreso co’ Franchi una guerra per nulla inferiore a questa, di modo che sarebbe, in fe’ mia, la massima delle stravaganze il cominciarne altra innanzi di condurre a buon termine quella, volendo ragione che addivenga contraria la sorte delle armi a chi pretende occuparsi di molte imprese, e non entrare in gara con un solo nemico. Laonde è mio proponimento che ci facciamo tosto a Ravenna, e quando avremo pace co’ Franchi, ed ottimamente provveduto alle nostre bisogne torneremo ad assalire con tutto il gottico esercito il duce imperiale. Non increscavi adunque il retrocedere meco, o chiamate pur fuga questa ritirata; ma ricordivi ognora che siccome opportuna voce di timore fu utile a molti, così gittò altri nel precipizio un nome intempestivo di fortezza; che la indovina mai sempre chi attende alla sostanza ed ai vantaggi delle umane faccende,