Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/37

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nelle loro trincee: la stessa impazienza che trasse i Pompejani nell’irreparabile sconfitta di Farsaglia, quella stessa animava i confederati: uno era in tutti il desiderio di combattere, e la fiducia di trionfare: tutti, come sicuro ed espedito termine delle fatiche loro, la Fionia riguardavano. Consiglio più assai generoso che prudente, nel quale convenendo il maggior numero, non valse che Raimondo dissentisse. Ad onta del mar procelloso, e colla scorta di nocchieri che abborrivano dalle mete ove le navi si dirigevano, pur si pervenne a quell’isola male augurata, nè si volsero addietro le vele, perchè ella apparisse aspra, terribile, minacciosa, dove chiusa di acuti scogli ed inaccessibili, dove munita di batterie, torreggiante di fortezze, e difesa dall’esercito ferocemente ordinato a combattere; esercito florido, preparato all’assalto, e condotto dall’Ammiraglio Wrangel, il miglior capitano d’una nazione, dove rari non erano gli eccellenti. Pur si provocarono, tanta era l’alacrità, pericoli maggiori di ogni forza umana, e si provocarono da genti inesperte all’orrore de’ marittimi cimenti. La spiaggia fulminava sugli ignudi fianchi delle navi: le navi, fendendosi in molti lati, si approssimavano verso gli abissi aperti ad ingojarle: i lor colpi debilmente rispondevano, percuotendo sulla invincibil rupe, o sulla impenetrabil trincea. Tinte erano l’onde di molto sangue, e sullo sparso sangue non però si agevolava la via della discesa.

Furono, non vuol negarsi, rispinti i confede-