Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/57

Da Wikisource.

37

senza risposta, a dimostrare, ch’ei non ebbe colpa nei falli della sua edizione, ed è che in alcuni luoghi manca il senso gramaticale. Può egli sospettarsi tal difetto in tal uomo, e in un’opera, che vedesi scritta con somma posatezza e maturità1?

Ch’ei fosse versato nella teologia lo attesta l’abate Pacichelli nelle sue lettere. Egli connobbelo di persona, usò seco famigliarmente, e racconta che passava le intere notti nella sua scelta biblioteca, che disputava volentieri, e che aveva sempre fra le mani la teologia del padre Gonet.

Della poesia si dilettò similmente. Un suo saggio lascierà luogo a giudicare come ei vi fosse disposto, e come vi sarebbe riuscito, se fosse vissuto in altro secolo, e avesse avuto ozio di esercitavirsi. Ecco un suo sonetto in morte della sua sposa Margherita di Diechtristein:

D’una perla, cui pari in Oriente
     Fra’ tesori eritrei non mai s’è visto,
     Fecemi fido Amor far ricco acquisto,
     Onde tutte mie voglie eran contente.

Ahi morte! impoverito di repente
     M’hai tu, e al mio dolce ogni tuo assenzio hai misto:
     Ahi mondo! in un momento e lieto, e tristo:
     Nate appena le gioje, eccole spente.

Qual fluttua voto a sera, e va ramingo
     Legno, che pien di merci era il mattino,
     Tal’io, tutto pur dianzi, or nulla stringo.

Segneranno il mio misero destino,
     Estatici pensier, viver solingo,
     Neri panni, umid’occhi, e viso chino. P.


  1. Le cure del signor Foscolo, e quelle perpetue che ho consacrato alla presente edizione, onde ridurla alla sua vera e genuina lezione, ridaranno al Montecuccoli l’onore di scrittore esatto, e severo.