Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu/266

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do Bonifacio VIII volle aprire a un principe di sangue francese le porte di Firenze, Dante ricusò di ammetterlo; ciò fu cagione del suo esilio. Fedele a’ suoi dogmi politici, tentò indi provare, nel suo trattalo De monarchia, che l’ascendente de’ papi e la loro ostinazione a pigliar parte negli affari temporali dell’Italia aveano insino allora cagionato le calamità del suo paese. Di poi, quando la traslazione della santa Sede nel contado di Avignone e la nominazione successiva di parecchi papi francesi ebbero assicurato il vantaggio alla fazione de’Guelfi, il poeta bandito scrisse ai cardinali1 una lunga lettera nella quale gli scongiurava, in nome dell’indipendenza nazionale, a premunirsi contra le seduzioni dell’influenza francese, e da ora innanzi a non iscegliere che papi italiani. Di mezzo a tai movimenti politici egli fu che coll’anima ulcerata dalle sofferenze dell’esilio, assediata da tristi presagi e abbattuto vedendo il suo partito, Dante scrisse il suo poema. Innanzi l’epoca della sua proscrizione ed allorché esercitava egli una magistratura in Firenze, fu veduto comportarsi con equità e con rigore verso ambedue le fazioni che straziavano

Fosc. Op. Scelt. 12
  1. Veggasi il Villani, lib. ix, cap. 4.