Forse che il Nume temprerà gli sdegni. 125S’assise. Ed indignato alzasi il sommo
Eroe dall’ampio imperio Agamennone;
Atra ne’ spirti gli fervea la bile,
Ed infiammati di sanguigna luce
Torce gli occhi in Calcante, e lo ripiglia: 130Vate di guai! nè verrà dì ch’io t’oda
Dirmi prospera cosa? Al cor t’è gioia
Di profetar sciagure, e non per anco
Buona di te si vide opra o parola.
Ed or fra Danai divinando arringhi, 135Quasi li piaghi Iddio perchè a mercato
Dianzi negai la prigioniera mia
Gh io l’elessi a’ miei tetti, e più m’invoglia
Di Clitemnestra che menai pulcella,
Tanto con lei di membra e d’avvenenza 140Gareggia e di gentili arti e d’ingegno.
Pur, se più giova, io la consento: Atride
Scampo a sue genti non eccidio merca.
Ma un altro si apparecchi a satisfarmi
Dono da tutta l’oste; e’non è dritto 145Che mal premiato resti unico il duce,
E quanto io perda ognun sel vede — E il divo
Pelide al Sire: O glorîoso a tutti,
Ma fra tutti mortali avido Atride!
Chi ti darà de’ generosi Danai 150Il premio? Abbiam più noi pubbliche spoglie?