Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/118

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112 discorso storico

senza alcuna cagione, senza alcun mezzo di superiorità dell’una sull’altra; senza occupazion violenta d’una porzione de’ beni privati 1, come nelle parti dell’impero conquistate dagli altri barbari, perchè lì non c’era stata conquista; senza interruzion di governo, senza annullamento di poteri subordinati, perchè il re franco era entrato pacificamente e graditamente in luogo dell’imperator romano 2; due nazioni ancora distinte civilmente, ma riunite politicamente sotto un potere unico, ereditario indipendente da ciascheduna, sovrano di ciascheduna; aventi leggi diverse, e tribunali nazionali, ma sotto la giurisdizione comune di magistrati superiori, eletti dal re, sotto la giurisdizion suprema di questo, quando una parte ricorresse a lui 3; partecipi ugualmente de’ vantaggi e de’ pesi dello Stato, perchè il re, libero distributore degli uni e degli altri, chiamava, a piacer suo, e come credesse più conveniente al suo servizio, uomini dell’una e dell’altra nazione alle dignità e alle cariche del governo e della milizia 4, e riscoteva da tutti gli stessi tributi 5; tali furono, secondo il Dubos, i Gallo-romani e i Franchi sotto le due prime razze; tale il loro modo d’essere un popolo solo, insieme con altre nazioni che abitavano il territorio medesimo. Non fece uscire un effetto indefinito da una confusion di nazioni, da un’operazione del tempo, ugualmente indefinito. Stiracchiò i fatti decisivi per la quistione, ma non li lasciò da una parte; combattè le difficoltà con delle congetture spesso arbitrarie, ma non le saltò a piè pari; diede alla sua ipotesi degli antecedenti, o supposti o inefficaci, de’ momenti immaginari, una forma fattizia, ma degli antecedenti, de’ momenti una forma. Certo, non c’è la buona maniera d’ingannarsi; e non voglio dir punto che l’errore migliori con l’essere circostanziato e laboriosamente congegnato. Voglio solamente far osservare, anche col paragone, quanto quello che tra di noi fu, non dirò sostenuto, ma buttato là di passaggio, e in proposizioni incidenti, abbia un carattere singolare d’indeterminatezza, d’ambiguità, non meno che di superficialità e di leggerezza, e sia, non solo un errore, ma un indovinello.

L’effetto gravissimo poi di quest’errore è d’isterilire, per dir così, tutta la storia del medio evo. Facendo le viste di sciogliere o di prevenire le questioni più importanti, distorna la mente anche dal proporsele; vi fa attraversare senza curiosità, senza darvi il tempo di fare una domanda o un’osservazione, de’ secoli d’un carattere tanto particolare, e pieni di tanti problemi: istituzioni, fatti, personaggi, rivoluzioni, a tutto porta via il senso importante, a tutto attribuisce cagioni volgari e false; e quel complesso che potrebb’essere soggetto di scoperte interessanti, o almeno di ricerche o di congetture ragionate, non lo lascia più comparire che come un ammasso di casi staccati, di combinazioni fortuite, di deliberazioni venute da un impulso senza disegni. Precipitando, con un avventato anacronismo, il risultato di molte cagioni che hanno operato in una lunga successione di tempi, v’impedisce d’osservar queste cagioni, di scoprire il principio, di seguire il progresso delle loro operazioni; giacchè al momento in cui la fusione si forma, in cui nuovi interessi, nuove forze, nuove idee cominciano a crollare l’antico muro di separazione tra le due nazioni, cosa può osservare chi pensa che, da gran tempo, queste due nazioni ne formassero una sola? Così, dopo avervi impedito d’intendere quell’istituzioni e que’ fatti che avevan per iscopo di mantenere la divisione con un possesso, questa formola nemica d’ogni riflessione,

  1. Liv. I, chap. 13.
  2. È noto che gl’imperatori d’Oriente usarono questo titolo per molto tempo dopo la distruzione dell’impero d’Occidente.
  3. Liv. VI, chap. 9.
  4. Ibid., chap. 10.
  5. Ibid., chap. 14.