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178 discorso storico

in qualche idioma neo‑latino; ma per l’aggiunta d’una particella. Patirono, assolutamente detto, riuscirebbe non meno strano di patiuntur. E quand’anche si volesse passar sopra questa difficoltà, rimarrebbe l’altra maggiore, che, letto e interpretato così, il passo presenterebbe un senso contradittorio. Se dopo aver riferita la cessione fatta dai duchi al novo re, lo storico avesse voluto aggiungere che quelli, per rifarsi, avevano accresciuto l’aggravio ai tributarii, in vece di nondimeno, avrebbe dovuto dire: per questa cagione. All’opposto, il nondimeno sarebbe andato a pennello nella frase seguente, in vece del davvero messoci da Paolo (erat sane hoc mirabile), giacchè qual cosa meno adattata della bontà e della giustizia a far parer naturale che a degli uomini senza colpa e senza difesa siano stati accresciuti i pesi e i patimenti?

Contro tutt’e due queste interpretazioni poi, sta anche l’argomento addotto dianzi, che la parola populi non può credersi applicata dall’autore a quelli ch’erano stati per hostes divisi, ut tertiam partem suarum frugum persolverent, cioè ai possessori di terre, i quali non costituivano nè un popolo naturale, nè un popolo politico.

Questa necessità di distinguer le cose dove sono così diverse le parole, è stata notata, credo per la prima volta, da Gino Capponi, nella prima delle sue Lettere sulla dominazione dei Longobardi in Italia 1, lettere ricche di varia dottrina, e di vedute filosofiche; dove è anche proposta una nova interpretazione, fondata in parte su questa distinzione medesima, in parte su un’analogia indiretta tra le voci, aggravati e tributarii. «Trovo nel Du Cange: gravaria, canoni o responsioni sulle terre; gravatores, esattori o pubblicani, o birri d’un conte o d’altro signore; gravitas, aggravio, carico, esazione, tributo: e quest’ultimo significato chiaro apparisce nel Teodosiano. Per me dunque gli aggravati altro non sono che i tributari; i quali rimasero divisi com’erano, ovvero soggiacquero ad un’altra partizione: partiuntur per langobardos hospites. I duchi cederono al re la metà delle sostanze acquistate con lo spoglio de’ nobili e de’ potenti ma ritennero per sè, o novamente divisero tra di loro i popoli tributari. Popolo e nobili erano tutt’altra cosa nell’intendere del Diacono; che poco sopra aveva detto le sostanze o possessioni dei duchi venire da’ nobili romani: per questo pose quel tamen, il quale distingue le due qualità di possessi.» Noi, dopo esserci approfittati di quest’osservazione contro gli altri interpreti, ce ne serviamo arditamente anche contro il venerato e caro Gino, che ce l’ha somministrata. Quelli che Paolo dice essere stati fatti tributarii, fossero o non fossero tutti nobili e potenti, erano però tutti possessori di terre: quindi il populi non può riferirsi a loro, nè a una parte qualunque di loro.

Dopo tanti tentativi (così crediamo di poterli chiamare, non essendo nessuna di queste interpretazioni riuscita a levar di mezzo l’altre) pare che si dovrebbe dar la cosa per disperata, se non ne rimanesse uno semplicissimo, e trascurato per una cagione che abbiamo accennata fin da principio. La supposizione a priori, che questo per Langobardos hospites partiuntur dovesse aver relazione col per hostes divisi, ha fatto che si sia cercato esclusivamente un significato che spiegasse una tal relazione, e non si sia pensato a guardare se qualchedun altro ne potesse resultare dal diverso valore di qualche vocabolo, e da una diversa efficacia di qualche forma grammaticale. E ci pare che ne resulti uno

  1. Nell’Archivio Storico Italiano; Appendice N.° 7.