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422 lettera

per tutto fiorentino; crederei anzi, che quella maggiore semplicità e risolutezza avrebbe fatta sentire di più l’idoneità del mezzo adoprato da Lei, e l’inettitudine degli altri.

M’avvedo un po’ tardi, che il chiederle scusa della lungaggine è stato quasi un chiederle il permesso di fare un’altra lungagnata. Il piacere di parlar della cosa, e il piacere rarissimo di parlarne con chi ne è tanto benemerito, m’ha portato via una seconda volta. Non posso però finire senza toccare, almeno di fuga, il merito delle definizioni nette e precise, frutto di molta e tutt’altro che materiale fatica; e nelle quali sono incidentemente messi in atto altri vocaboli o poco noti, o anche sconosciuti in una gran parte d’Italia; dimanierachè, spiegando il Vocabolario, l’accrescono. E non che io non creda molto utile per diffonder la lingua, l’espediente de’ vocabolari de’ diversi dialetti (ben inteso, quando ai diversi dialetti si contrapponga in tutti, un solo dialetto); ma non si può non riconoscere il vantaggio speciale del metodo prescelto da Lei; metodo, col quale il Vocabolario diventa addirittura, e senza bisogno d’altri lavori intermediari, utile a tutta l’Italia; e può diventarlo anche in una seconda maniera, servendo alla compilazione di quegli altri.

Così fosse piaciuto, o almeno piacesse una volta ai Fiorentini di darci (cosa comparativamente tanto facile per loro) un vocabolario generale della loro lingua! dico un vocabolario come il francese dell’Accademia, francese, con quella ricchezza e sicurezza d’esempi presi dall’uso d’una città; cioè da una lingua una, intera, attuale. Chè un tal fatto avrebbe levato o leverebbe di mezzo, ancora più interamente e durevolmente, ogni opposizione de’ sistemi; un tal vocabolario, offrendo agl’Italiani un vero equivalente delle loro diverse lingue, avrebbe acquistata o acquisterebbe immediatamente quell’autorità che non manca mai a ciò che è richiesto da un vero bisogno e proporzionato ad esso, e praticamente applicabile, natum rebus agendis. E senza dubbio un tal vocabolario sarebbe subito tradotto in tutti gli altri idiomi d’Italia; chè l’utilissimo espediente sarebbe diventato tanto più facile, quanto più efficace. Infatti, chi domandasse agli autori de’ diversi vocabolari originali, che abbiamo di questa specie, qual differenza abbiano trovata nel comporre le due parti di tali lavori, si può esser sicuri della risposta; cioè che, per raccogliere i vocaboli e i modi di dire de’ rispettivi idiomi particolari, non hanno avuto quasi altra fatica da fare, che rammentarsi e mettere in carta; ma per trovare i vocaboli e modi di dire corrispondenti in italiano, c’è voluto, eh che studio! e spesso per non riuscire che a mettere a fronte del certo che avevano negli idiomi particolari, un probabile italiano, o vari probabili, che è non so se lo stesso, o peggio. Chè tale è la differenza che passa necessariamente tra il trovare una cosa che è, e il cercare una cosa che è supposta dover essere.

Ma per ora, e per fino Dio sa quando, quella cosa tanto desiderabile non è da sperarsi. I Fiorentini, su ciò che forma, o piuttosto che dovrebbe formare la vera questione, la pensano come i loro avversari; e in verità, quando si osserva quanto accessorie e inconcludenti siano le differenze tra gli uni e gli altri, come le dispute siano quasi sempre andate girandolando intorno a un più e un meno, mentre la questione doveva essere d’un tutto, non si sa trovare altra cagione dell’animosità di tali dispute, che quelle sempre deplorate, sempre maledette, e sempre coltivate rivalità municipali.

E qui non posso tenermi dall’addurne un esempio, tanto notabile quanto doloroso, che mi s’affaccia alla mente. Quante volte, in queste nostre perpetue, perchè mal poste, questioni sulla lingua, non è stata citata l’autorità del Tasso contro la pretensione attribuita ai Fiorentini, d’esserne