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432 osservazioni sulla morale cattolica

esaminare di bona fede, giudicare senza prevenzione, spassionatamente, non farsi illusione, e altre simili, le quali significano la libertà del giudizio dalle passioni. La forza d’animo, che mantiene questa libertà, è senza dubbio una disposizione virtuosa: essa nasce da un amore della verità, independente dal piacere, o dal dispiacere che ne può venire al senso. Si vede quindi quanto sapientemente alla fede sia dato il nome di virtù. Siccome poi la mente umana non sarebbe arrivata da sè a scoprire molte verità della religione, se Dio non le avesse rivelate; e siccome la nostra volontà corrotta non ha da sè quella forza di cui s’è parlato; così la fede è chiamata dalla Chiesa e una virtù e un dono di Dio.

Tornando da questa lunga digressione al passo che stiamo esaminando, confesso di non intendere chiaramente il senso di quella proposizione che l’unità di fede non si trova in alcun’altra religione allo stesso grado che nella cattolica. Come ci possono essere diversi gradi nell’unità di fede, il più e il meno in un’unità qualunque? O quest’altre religioni propongono come vera la loro fede, e devono insegnare che è vera essa sola; o ammettono che qualche altra lo possa essere; e come possono chiamar fede la loro, che in fatto è un vero dubbio? Ogni volta che una di queste religioni s’avvicina al principio dell’unità, cioè quando esclude ogni dottrina opposta alla sua, ciò accade perchè in quella religione si sente allora vivamente che è assurdo il dir vera una proposizione, e non rigettare ciò che la contradice. E ogni volta che s’allontana da quel principio, ciò accade perchè, non sentendosi certi della propria fede, s’accorda agli altri ciò che si chiede per sè, la facoltà di chiamar fede ciò che non importa la condizione del credere. È la transazione della falsa madre del giudizio di Salomone: Non sia nè tuo, nè mio; ma si divida1. Ma non ci sono mezze fedi vere, più di quello che ci siano mezzi bambini vivi.

Infatti, nè l’illustre autore indica quale sia il grado dell’unità di fede, fino al quale la ragione deva arrivare; nè è possibile l’indicarlo, giacchè l’assunto sarebbe contradittorio. Dire che la ragione deva assoggettarsi alla fede, ma in un certo grado, qualunque sia, è dichiarare la fede infallibile insieme, e bugiarda. Infallibile, in quanto, per sé, e come fede, può legittimamente richiedere un assoggettamento qualunque della ragione: bugiarda, in quanto, richiedendo un assoggettamento che la ragione può legittimamente limitare, ridurre a un certo grado, e fargli, dirò così, la tara, afferma più di quello che gli si deva credere.


    C’est qu’Alexandre croyoit àla vertu; c’est qu’il y croyoit sur sa tête, sur sa propre vie; c’est que sa grande âme étoit faite pour y croire. Ô que cette médecine avalée étoit une belle profession de foi! Non, jamais mortel n’en fit une si sublime. Con tutto ciò mi pare che il coraggio sia appunto ciò che spicca in quell’azione. Credere alla virtù non bastava in un tal caso; bisognava credere alla virtù del medico Filippo; e, per crederci in quel momento, senza esitare, bisognava richiamare alla mente, e rivedere in compendio e pacatamente, le prove della sua fedeltà, e rimaner convinto che bastavano a levare ogni probabilità all’attentato; bisognava avere un animo tale, che l’idea d’un possibile avvelenamento non lo disturbasse dal fare, in una tal maniera, un tale giudizio; in somma aver coraggio. Il sentimento che porta il timoroso a ingrandire o a immaginarsi il pericolo, è quello stesso che lo fa fuggire dal pericolo reale, cioè un’apprensione della morte e del dolore corporale, che s’impadronisce delle sue facoltà, e leva la tranquillità alla mente. Il conservare questa tranquillità in faccia al pericolo o vero o supponibile, è l’effetto del coraggio. Se Alessandro avesse creduto probabile che Filippo volesse avvelenarlo nella medicina, sarebbe stata senza dubbio una stravagante temerità il prenderla; ma quella lettera venuta alle mani d’un uomo pusillanime, fosse pure stato fino allora persuasissimo della virtù del medico, l’avrebbe messo in una tale angustia e perplessità, che non avrebbe ragionato, ma sarebbe stato con violenza portato a schivare il rischio a ogni modo: avrebbe prese informazioni, fatto arrestare a bon conto il medico, e esaminare la medicina; avrebbe in somma fatto tutt’altro che inghiottirsela.

  1. "Nec mihi, nec tibi sit; sed dividatur.", III Reg. III, 26.