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capitolo secondo 435

mere con più precisione e con più forza la fermezza de’ Padri di quel concilio nel rigettare ogni riforma nella fede. Cosa (giova ripeterlo) contradittoria, e quindi impossibile, non meno che empia; poichè equivale a rinnegare la stessa identica autorità di cui si fa uso; equivale a dire credete a me, che non credo a me: v’insegno una verità, riservandomi ad avvertirvi, a miglior tempo, che è un errore, come fo, in questo momento, con quella che v’ho data altre volte per verità.

Ora, a Trento sedettero vescovi di quelle quattro nazioni; e come c’erano andati con la testimonianza delle loro chiese sui punti controversi di fede e di morale, ne partirono con la testimonianza della Chiesa universale. D’allora in poi il concilio di Trento fu specialmente il punto a cui ricorsero tutti i cattolici; e, per provare la fede di tutti i secoli, consegnata e sparsa in tanti concili, non ebbero, in moltissime questioni, a far altro che citare quel concilio che l’aveva riprodotta, e per così dire riepilogata. Il gran Bossuet lo pose per fondamento alla sua Esposizione della fede cattolica, per attestare i punti di morale e di disciplina essenziale, alcuni dei quali, censurati nel Capitolo sul quale sono fatte le presenti osservazioni, lo erano pure a suoi tempi, benchè con argomenti affatto diversi.

E nella sua corrispondenza col Leibnitz, lo stesso Bossuet rigetta sempre come non ammissibile la proposizione di riesaminare le decisioni del concilio di Trento. Je voudrais bien seulement vous supplier de me dire.... si vous pouvez douter que les décrets du Concile de Trente soient autant reçus en France et en Allemagne parmi les catholiques, qu’en Espagne et en Italie, en ce qui regarde la Foi; et si vous avez jamais ouï un seul catholique, qui se crût libre à recevoir, ou à ne pas recevoir la Foi de ce Concile1. Ora, i decreti del Concilio di Trento riguardanti la morale, che saranno citati in queste osservazioni, sono sopra punti che, per consenso di tutti i cattolici, fanno parte della fede.

In quanto agli abusi e agli errori popolari, importa d’accennare, una volta per sempre, che non sono imputabili alla Chiesa, la quale non gli ha nè sanciti, nè approvati. Ho fiducia di provare, che non sono conseguenze legittime nè del domma nè della morale della Chiesa. Se alcuni le hanno dedotte da essa, la Chiesa non può prevenire tutti i paralogismi, nè distruggere la logica delle passioni. Quando però mi parrà che questi mali siano minori in realtà che in pittura, io non lascerò di farlo osservare; ma solamente per la giustificazione della Chiesa, sulla quale se ne vuol far ricadere il biasimo. Se alcuno vorrà credere che questi inconvenienti siano particolari all’Italia, io non m’affaticherò per levargli una tale opinione. S’avverta però che le citazioni degli scrittori francesi verranno in molte parti a provare incidentemente il fatto contrario; poichè si vedrà che, nello stabilire le verità cattoliche, hanno combattuti quegli errori e quelle illusioni, come esistenti in Francia. Così non fosse! perchè può mai per un cristiano diventare una consolazione dell’orgoglio nazionale il vedere la Chiesa meno bella in qualunque parte del mondo?

Dovunque sono i fedeli retti, illuminati, irreprensibili, sono la nostra gloria: dobbiamo farne i nostri esemplari, se non vogliamo che siano un giorno la nostra condanna.



  1. Lettre à M. Leibnitz, du 10 janvier 1692. Œuvres posthumes de Bossuet., T. I, pag. 349