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446 osservazioni sulla morale cattolica

verità, e di cui non sa render ragione, si dichiari nondimeno scienza compita1?

Ai precetti poi che essa sola poteva promulgare, e ai motivi che essa sola poteva rilevare, la religione aggiunge (ciò che ugualmente poteva essa sola) la cognizione di ciò che può darci la forza d’adempire i primi, e d’adempirli per riguardo e secondo lo spirito de’ secondi: cioè quella grazia che non è mai dovuta, ma che non è mai negata a chi la chiede con sincero desiderio, e con umile fiducia2. Certo, non era necessaria la rivelazione per farci conoscere che troppo spesso troviamo in noi medesimi non solo una miserabile fiacchezza, ma una indegna repugnanza a seguire i dettami della legge morale. E l’apostolo de’ gentili, dicendo: «Non fo il bene che voglio, ma quel male che non voglio, quello io fo3,» ripeteva una verità ovvia anche per loro. Ovidio aveva detto prima di lui: «Il core e la mente mi danno opposti consigli: vedo il meglio, l’approvo; e vo dietro al peggio4.» E quando l’apostolo medesimo esclama: «Infelice me! chi mi libererà da questo corpo di morte5?» si direbbe quasi che non faccia altro, che ripetere il lamento di Socrate6. Ma da qual uomo non istruito nella scola di cui Paolo fu così gran discepolo e così gran maestro, poteva uscire quella divina risposta alla desolata domanda, allo sterile lamento: «La grazia di Dio per Gesù Cristo Signor nostro7?

Principio d’irrecusabile autorità; regole alle quali si riduce ogni atto e ogni pensiero; spirito di perfezione che in ogni cosa dubbia rivolge l’animo al meglio; promesse superiori a ogni immaginabile interesse temporale; modello di santità, proposto nell’Uomo.Dio; mezzi efficaci per aiutarci a imitarlo, e ne’ sacramenti istituiti da Lui (e ne’ quali anche chi ha la disgrazia di non riconoscere l’azione divina, non può non vedere azioni che dispongono a ogni virtù), e nella preghiera, a disposizione della quale, per dir così, è messa la potenza divina da quel: Chiedete, e vi sarà dato; tale è la morale della Chiesa cattolica: quella morale che sola potè farci conoscere quali noi siamo, che sola, dalla cognizione di mali umanamente irremediabili, potè far nascere la speranza; quella morale che tutti vorrebbero praticata dagli altri, che praticata da tutti condurrebbe l’umana società al più alto grado di perfezione e di felicità che si possa conse-

  1. Il filosofo che ha data alla morale razionale la forma rigorosa di scienza, dimostrando la sua derivazione da una legge evidente e illimitatamente applicabile, e dimostrando di più il nesso naturale e necessario di questa legge col principio supremo e universale d’ogni verità (Rosmini, Princìpi della scienza morale), è anche quello che, con un’altezza e vastità d’argomenti dalla quale sono troppo lontani questi nostri cenni, ha dimostrata la deficienza naturale di questa scienza riguardo all’idea intera e perfetta della moralità, e la sua implicita dependenza dalla morale soprannaturale e rivelata, nella quale sola può trovare il suo compimento. Le quali due conclusioni, cioè verità e imperfezione della morale naturale, non che contradirsi, sono intimamente connesse e dedotte da uno stesso principio; giacchè, è appunto per mezzo dell’idea intera e perfetta della moralità quale c’è manifestata dalla rivelazione, che si dimostra come la morale naturale ne sia e un’applicazione legittima, e un’applicazione inadequata e tronca. V. specialmente la Teodicea e l’Introduzione alla filosofia (I, II, III e IV); e per l’uno e l’altro argomento, la Storia comparativa de’ sistemi intorno al principio della morale, del medesimo autore.
  2. ... quanto magis Pater vester de coelo dabit spiritum bonum petentibus se?, Luc. XI, 13
  3. Non enim quod volo bonum, hoc facio; sed quod nolo malum; hoc ago., Ad Rom. VII, 19
  4. ...aliudque cupido
    Mens aliud suadet: video meliora proboque;
    deteriora sequor., Metam. VII, 19 et seq.

  5. Infelix ego homo! Quis me liberabit de corpore mortis huius?, Ad Rom. VII, 24.
  6. Donec corpus habemus, animusque poster tanto malo erit admixtus, etc., Plat., Phæd.
  7. Gratia Dei per Jesum Christum Dominum nostrum., Ad Rom. VII, 25.