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atto terzo. 49


SCENA V.


RUTLANDO e DETTI.


                        carlo.
                             E che? Rutlando,
Tu riedi dal conflitto?

                       rutlando.
                          O re, ti chiamo
In testimonio, e voi Conti, che in questo
Vil giorno il brando io non cavai: ferisca
Oggi chi vuol: gregge atterrito e sperso,
Io non l’inseguo.

                        carlo.
                        E non trovasti alcuno
Che mostrasse la fronte?

                       rutlando.
                                 Incontro io vidi
Un drappello venirmi, ed alla testa
Più duchi avea: sopra lor corsi; e quelli
Calar tosto i vessilli, e fecer segni
Di pace, e amici si gridaro. - Amici?
Noi l’eravam più assai, quando alle Chiuse
Ci scontravam - Chiesero il re; le spalle
Lor volsi; or li vedrai. No: s’io sapea
A qual nemico si venia, per certo
Mosso di Francia non sarei.

                        carlo.
                                      T’accheta,
Prode tra’ prodi miei. Bello è d’un regno,
Sia comunque, l’acquisto; in lungo, il vedi,
Non andrà questo; e non temer che manchi
Da far: Sassonia non è vinta ancora.
         (entra il CONTE spedito da CARLO)

                        conte.
                        (a CARLO)

Eccardo è in campo, e verso noi s’avanza;
Ei procede in battaglia: i Longobardi,
Tra il nostro campo e il suo, sfilati, in folla,
Sfuggono a destra ed a sinistra: il piano,
Che da lui ci divide, or or fia sgombro.

                        carlo.
Esser dovea così.

                        conte.
                       Vidi un drappello,