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atto terzo. 51

Fedeli miei, giudici e duchi, ognuno
Nel grado suo, per ora. I primi istanti
Che di riposo avremo, io li destino
Al guiderdon de’ vostri merti: il tempo
Questo è d’oprar. Prodi Fedeli, ai vostri
Fratei tornate; dite lor, che ad una
Gente germana, di german guerrieri
Capo, guerra io non porto: una famiglia
Riprovata dal ciel, del solio indegna,
A balzarnela io venni. Al vostro regno
Non fia mutato altro che il re. Vedete
Quel sol? qualunque, in pria ch’ei scenda, omaggio
In mia mano a far venga, o de’ Fedeli
Franchi, o di voi, nel grado suo serbato,
Mio Fedel diverrà. Chi a me dinanzi
Tragga i due che fur regi, un premio aspetti
Pari all’opra.
               (i LONGOBARDI partono)

                        carlo.
               (a RUTLANDO in disparte)
               Rutlando, ho io chiamati
Prodi costor?

                       rutlando.
                     Pur troppo.

                        carlo.
                                    Errato ha il labbro
Del re. Questa parola ai Franchi miei
In guiderdon la serbo. Oh! possa ognuno
Dimenticar ch’io proferita or l’abbia.
                        (s’avvia).


SCENA VII.


ANFRIDO ferito, portato da due FRANCHI e DETTI.


                       rutlando.
Ecco un nemico. Ove si pugna?

                       un franco.
                                          Il solo
Che pugnasse, è costui.

                        carlo.
                              Solo?

                       il franco.
                                      Gran parte
Gettan l’arme, o si danno; in fuga a torme