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ostacolo alla riproduzione di opere che fossero già pubblicate, purchè la riproduzione abbia avuto cominciamento prima della formazione della legge medesima. In altri termini (lo ripetiamo), perchè la convenzione non faccia ostacolo alla riproduzione delle opere già pubblicate, il legislatore ha voluto che di queste opere si fosse già praticata la riproduzione, considerando questo fatto come l’indizio evidente che la società reputava cosa sua, sua proprietà, le opere di cui facevasi la ristampa.»
Mi pare, dico, che condizioni tali non si possano applicare a una ristampa principiata tra quattro mura, e sulla quale, per conseguenza, il Pubblico non aveva potuto fare atto di sorte veruna. Che se m’ingannassi, s’Ella avesse creduto che, con tutto ciò, e in qualche maniera ch’io non saprei congetturare, il diritto dello stampatore suddetto potesse esser contemplato anche con la di Lei spiegazione, ne verrebbe un’altra conseguenza che accennerò dopo aver risposto alla seconda obiezione, che passo a trascrivere.
«Evvi più, dice Ella: stando a quest’ultima interpretazione dell’articolo 14, incertissima e piena di questioni e di pericoli diverrebbe l’applicazione della legge del 1840. Quando è che si dovrà ammettere che la riproduzione abbia avuto cominciamento? Bisognerà per avventura che i torchi già lavorino, o basterà che i caratteri tipografici siano in composizione? Qual è il numero di carte o di volumi che dovranno già essere in via di ristampa, per conferire diritto a riprodurre tutta l’opera? Ad un editore di mala fede che volesse provare di avere già cominciata la riproduzione, non sarà egli agevole il farlo porgendo ristampato il primo foglio del libro, od anche solo il frontispizio? Ed in questo caso, dove sarebbero mai le spese fatte dall’editore, il danno a lui minacciato dall’interruzione, danno e spese che giusto il signor Montanelli, sono la sola ed unica motivazione dell’articolo 14? In qual modo mai coloro stessi che danno al diritto degli autori il nome ed il carattere d’una proprietà, non veggono essi che l’estensione d’un diritto così sacro, così fondamentale qual è la proprietà, non si può far dipendere da queste dubbiezze, e dall’incerta soluzione che i vari tribunali possono stimar di dare al quesito: se la riproduzione abbia avuto cominciamento effettivo il giorno 17 dicembre 1840?»
Sono inconvenienti, senza dubbio; ma non particolari a questo caso. Qual è, sto per dire, la legge che possa prevenir tutte le dubbiezze, specificando tutte le diverse applicazioni di cui sia capace, e dando per ciascheduna una particolar decisione? Perciò le leggi sano spesso costrette a rimetterne molte alla retta e discreta interpretazione de’ giudici; ai quali, nel caso in questione, toccherà a discernere se ci siano le condizioni d’un vero danno. Altri articoli di questa legge medesima possono dare occasione a delle dubbiezze dello stesso genere. L’articolo VII, per esempio, dice: «La contraffazione è l’azione per cui si riproduce con mezzi meccanici, un’opera in tutto od in parte, senza il consenso dell’autore o de’ suoi aventi-causa.» Ecco subito, nelle parole in parte, la difficoltà di trovare quanta deva essere una parte che possa far riguardare una ristampa come contraffazione. Anche qui si potrebbe domandare: Ci vorranno pagine? e quante? O ne basterà una? o anche mezza? o de’ periodi sparsi qua e là nella ristampa? o anche un periodo solo? com’Ella domanda se, nel nostro caso, potrebbe bastare «anche solo il frontispizio?»
La legge, è vero, dà alcune spiegazioni di quest’articolo, in quello che vien dopo; le quali però sono indicazioni d’altre dubbiezze, che dovrà sciogliere la discrezione de’ giudici. Ecco quest’altro articolo: