Che chi l’offende, il Dio del cielo offende
Nella più pura immagin sua. Lo vinci
Tu di fortuna e di poter, ma d’alma
Nessun mortale: un che si muor tel dice.
carlo.
(ai CONTI)
Amar così deve un Fedel.
(ad ANFRIDO)
Tu porti
Teco la nostra stima. È il re de’ Franchi
Che ti stringe la man, d’onore in segno,
E d’amistà. Nel suol de’ prodi, o prode,
Il tuo nome vivrà; le franche donne
L’udran dal nostro labbro, e il ridiranno
Con riverenza e con pietà: riposo
Ti pregheran. Fulrado, a questo pio
Presta gli estremi ufizi.
(ai SOLDATI che rimangono)
In lui vedete
Un amico del re. Conti, ad Eccardo
Incontro andiam: nobil saluto ei merta.
DESIDERIO, VERMONDO, altri LONGOBARDI
vermondo.
Siamo in salvo, o mio re: scendi, e su queste
Erbe l’antico e venerabil fianco
Riposa alquanto. O mio signor, ripiglia
Gli affaticati spirti. Assai dal campo
Siam lunge, e fuor di strada: al nostro orecchio
Lo scellerato mormorio non giunge.
Cinto non sei che di leali.
desiderio.
E Adelchi?
vermondo.
Or or fia qui, lo spero; alla sua traccia
Più d’un fido inviai, che lo ritragga
Dall’empio rischio, a miglior pugna il serbi,
E a questa posta de’ leali il guidi.