Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/598

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rente applicabilità d’un principio a molti fatti della letteratura, e una forse ancor più vasta e feconda applicabilità a tutti i fatti della letteratura stessa. Dovrei ora passare alla parte positiva, e spicciarmi; ma non mi posso ritener di parlare d’una obiezione, o, per dir meglio, di una critica, che si faceva al complesso delle idee, che ho toccate fin qui.

Si diceva che tutte quelle idee, quei richiami, tutte quelle proposte di riforma letteraria, erano cose vecchie, ricantate, sparse in cento libri. Che questa fosse una critica fatta alle persone, non una obiezione al sistema, è una cosa manifesta. La questione era, se certe idee fossero vere o false; cosa c’entrava, che fossero nove o vecchie? Riconosciuta la verità, o dimostrata la falsità delle idee, anche l’altra ricerca poteva esser utile alla storia delle cognizioni umane; ma anteporre questa ricerca, farne il soggetto principale della questione, era un cambiarla per dispensarsi dal risolverla. Di più questa taccia di plagiari che si dava ai Romantici, faceva a’ cozzi con quella di novatori temerari che si dava loro ugualmente. E a ogni modo, non esito a dirla ingiusta. Non parlerò dell’idee nove messe in campo da quelli; le opposizioni stesse ne provocarono assai. Ma il nesso delle antiche; ma la relazione scoperta e indicata tra di esse; ma la luce e la forza reciproca, che venivano a tutte dal solo fatto di classificarle sotto ad un principio, il sistema insomma, da chi era stato immaginato, da chi proposto, da chi ragionato mai? Dalle ricchezze intellettuali sparse, dal deposito confuso delle cognizioni umane, raccogliere pensieri staccati e accidentali, verità piuttosto sentite che comprese, accennate piuttosto che dimostrate; subordinarle a una verità più generale, che riveli tra di esse un’associazione non avvertita in prima; cambiare i presentimenti di molti uomini d’ingegno in dimostrazioni, levare a molte idee l’incertezza, e l’esagerazione; sceverare quel misto di vero e di falso, che le faceva rigettare in tutto da molti, e ricevere in tutto da altri con un entusiasmo irragionevole; collocarle con altre, che servono ad esse di limite e di prova a un tempo, non è questa la lode d’un buon sistema? e è forse una lode tanto facile a meritarsi? E chi ha mai desiderato, o immaginato un sistema, che non contenesse, fuorchè idee tutte nove?

Del resto, non c’è qui da vedere un’ingiustizia particolare: l’accusa di plagio è stata fatta sempre agli scrittori, che hanno detto il più di cose nove; sempre s’è andato a frugare ne’ libri antecedenti, per trovare che il tal principio era stato già immaginato, insegnato, ecc.; sempre si è detto ch’era la centesima volta, che quelle idee venivano proposte. E che avrebbero potuto rispondere quegli scrittori? Tal sia di voi, che siete stati sordi le novantanove; tal sia di voi, che, avendo in tanti libri tutte queste idee, non ne tenevate conto, e continuavate a ragionare come se non fossero mai state proposte. Ora noi v’abbiamo costretti ad avvertirle; quando non si fosse fatto altro, questo almeno è qualcosa di novo.

Se alcuno volesse provare che il merito da me accennato poco sopra, e altri simili, non si trovano nel sistema romantico, credo che ascolterei le sue prove con molta curiosità, e con una docilità spassionata; ma finora ciò non è, ch’io sappia, stato nè fatto nè tentato. Intanto non posso a meno di non ravvisarci quel merito; e m’accade spesso, leggendo opere letterarie, precettive, o polemiche, anteriori al sistema romantico, d’abbattermi in idee molto ragionevoli, ma independenti dalla dottrina generale del libro, idee volanti, per dir così, le quali, in quel sistema, sono collocate razionalmente, e ci sono divenute stabili e feconde. Similmente, ne’ libri di scrittori ingegnosi, ma paradossali di professione, m’accade spesso di trovare di quelle opinioni speciose e vacillanti, che da una parte hanno l’aria d’una verità triviale, e dall’altra d’un errore strano; e di