Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/640

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634 appendice alla relazione

dem quod vult1; così è anche difficile l’immaginarsi a lungo di poterlo fare. E perciò, di que’ due proclamati da loro ugualmente signori, gli Accademici sopra detti ne levarono subito uno di posto, attribuendogli un potere inferiore e subordinato a quello dell’altro. Ecco infatti le loro parole, che vengono subito dopo quelle citate dianzi:

«E per l’autorità ci siamo valuti di quei purissimi scrittori, che nel decimoquarto secolo fiorirono, o in quel torno, e in mancanza d’essi, d’altri autori, che le loro scritture hanno distese in quello stile, che a’ buoni tempi fioriva, da’ quali gli esempli si sono tratti, in confermazione de’ vocaboli più moderni, introdotti nell’uso. Alcuni però nè pur coll’esempio dei moderni si son potuti confermare, per non c’esser venuto fatto l’incontrarli in alcuni degli autori approvati; ma perché sono comunissimi, e in bocca tutto dì a quelle genti, che pulitamente favellano, e in tal forma si trovano collocati ne’ primi nostri Vocabolarj, non gli abbiamo nè pur noi lasciati addietro. Può ben essere, che al desiderio d’alcuni appaia, che noi siamo stati in questo anzi parchi, che no, perchè vi avrà forse persona, che avrebbe amato, che noi avessimo aggiunti tutti, e la maggior parte di quei vocaboli, che paiono buoni, se non anche necessarj, o almeno certo di molto uso, ma siamo voluti andare in ciò ritenuti, fino che da tersi, e regolati scrittori non saranno per avventura quando che sia, nelle loro composizioni adottati, e per tal convenente verranno nella nostra Toscana favella ad acquistare stabile domicilio, e allora toccherà a coloro, che si brigheranno di ristampare quest’opera, ad aumentare di essi i loro volumi».

Ed ecco manifesta la cagione della prodigiosa scarsità de’ materiali di quel Vocabolario nel saggio addotto per confronto: l’averli cercati, non in una lingua viva e intera, che è appunto la totalità di quelli che servono a una società d’uomini, per esprimere tutti i concetti che le sono comuni, ma in iscrittti, in cui non c’è una ragione per cui questa totalità ci sia, nè, sarebbe ragionevole il supporre che ci si possa trovare per accidente.

Oltre il vizio essenziale della circoscrizione arbitraria della materia, il metodo, di cui si tratta ne ha un altro ugualmente essenziale; ed è che, mentre intende di fondarsi principalmente sull’autorità (mezzo certamente necessario e fondamentale per formare logicamente un Vocabolario) l’esclude in fatto, opponendola all’Uso, che solo la può avere, e attribuendola a ciò che non la può avere in nessun modo. Infatti, per chiunque cerchi nelle parole l’essenze delle idee, l’autorità è una e concorde con sè stessa, repugnando alla ragione, che due decisioni contrarie sieno autorevoli tutt’e due. Ora, è una cosa evidente, che una tale unità e concordia non si trova di fatto, nè c’è una ragione perchè si deva trovare in que’ purissimi scrittori e negli altri a cui la Prefazione citata attribuisce l’autorità, ma bensì nell’Uso a cui è negata implicitamente in quella: poichè, mentre gli scrittori proposti per autorevoli possono, e contradirsi tra di loro, e ciascheduno, con sè medesimo, l’Uso, come disse benissimo non mi rammento quale scrittore, non può essere opposto all’Uso. È bensì vero che nelle lingue, come in tutte le cognizioni umane, insieme con le certezze, si trovano i dubbi. E riguardo al punto speciale di cui si tratta, ci sono, alle volte, due o anche più vocaboli adoprati da diverse persone, e aventi un medesimo significato, senza che uno prevalga manifestamente all’altro, o agli altri; ma in questi casi, che sono necessariamente un numero incomparabilmente minore, l’Uso non è formato, non esiste; non c’è un’autorità

  1. Cic. De Fin. I, b.