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644 appendice alla relazione

l’ora undecima, dare un indirizzo novo e di nostra invenzione al riordinamento politico, e creare, in conseguenza, una nova categoria di locuzioni per nostro uso.

Ciò che s’è detto di quelle d’un tal genere, vale naturalmente del pari per l’altre significanti, o cose materiali, o operazioni, o concetti qualunque, e che venute da fuori, siano entrate, per la stessa ragione, o nell’ Uso di Firenze, o anche nella consuetudine di tutta Italia; che è il caso della massima parte, se non di tutte, come s’è detto sopra.

Ma ce ne sono molte e molte altre (e dell’essere la più parte francesi, accenneremo or ora la speciale cagione), usate da scrittori principalmente, e da scrittori di giornali più che da altri: le quali non esprimono concetti punto novi in Italia, ma già significati ne’ suoi vari idiomi, in modi più o meno diversi, e qualche volta anche in un modo uniforme. E non è certamente da un fatto così misto, che si potrebbe avere con che combattere quella nova tristissima varietà. Ma, tra questi Usi, ce n’è pure uno che ha un titolo suo proprio e unico e non contradetto da nessuno, quando si tratti di scegliere tra di loro; Uso, che, fatto conoscere più e meglio, sarebbe (speriamo sarà) il mezzo, o di dar lo sfratto a tali locuzioni, o almeno di diradarle.

Prima di parlare dell’applicazione d’un tal mezzo, passo ora a esporre, come ho annunziato poco sopra, alcune osservazioni intorno a questo fatto singolare de’ gallicismi in Italia: cosa che non parrà, spero, aliena dall’argomento a chi rifletta quanto giovi a conoscere l’opportunità de’ rimedi il conoscere la cagione de’ mali.

Ho chiamato singolare questo fatto, non riguardo al genere; perchè nulla è più antico, nè più continuo, che il passar di qualche vocabolo da un paese a un altro; ma singolare bensì per la sua estensione. Non sono pellegrini venuti a spizzico di qua o di là; è un’invasione, e non aiutata da alcuna conquista materiale, che ne possa dare la spiegazione.

Il titolo d’invasione, titolo d’un così nefasto significato nella nostra dolorosa storia, conviene anche al caso presente, non solo riguardo alla vastità dell’effetto, ma anche alla somiglianza della cagione. Fu, anche in questo, la debolezza naturale della divisione, quando si trovi a fronte d’una forte unità. Senonchè, nel fatto della politica, gl’invasori variavano secondo che la forza faceva prevalere l’ambizione, ugualmente iniqua, ora dell’uno, ora dell’altro; nel fatto della lingua, invece, la sola francese ha prodotto e produce in Italia un effetto incomparabilmente superiore, e per l’estensione e per la durata, a quello di tutte l’altre insieme; a segno tale, che una bona parte di locuzioni provenute in origine da queste, arrivano a noi per il canale di quella, che le ha prese da loro direttamente.

La cagione prossima d’un tal fatto, è ovvia e ricantata: il gran leggere libri francesi, che si fa in Italia.

Ma una tale risposta, per chi non voglia concluder troppo presto, fa nascere due altre domande: Perché mai si leggono qui tanti libri francesi? E perchè questa lettura è per noi tanto contagiosa riguardo alla lingua? Per trovar la ragione di questi due fatti causali, mi par proprio che bisogni dare una rapida occhiata alle diverse vicende delle due lingue, anche a rischio di dover ritoccare in parte cose già dette, o in questo, o in altri scritti:

 «Chi dissente da me due carte passi1


  1. Alfieri, l’Etruria vendicata.