Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/721

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urania 715

Levâr di nova forza avvalorato.
E quei gli occhi giraro, e vider tutta
240La compagnia de gli stranier divini,
Che a le Dire fea guerra. Ove furente
Imperversar la Crudeltà solea,
Orribil mostro che ferisce e ride,
Vider Pietà che mollemente intorno
245Ai cor fremendo, dei veduti mali
Dolor chiede: Pietà, degl’infelici
Sorriso, amabil Dea. Feroce e stolta
Con alta fronte passeggiar l’Offesa
Vider, gl’ingegni provocando, e mite
250Ovunque un Genio a quella Furia opporsi,
Lo spontaneo Perdon che con la destra
Cancella il torto e nella manca reca
Il beneficio, e l’uno e l’altro obblia.
Blando a la Dira ei s’offeria: seguace
255Lenta ma certa, l’orme sue ricalca
Nemesi, e quando inesaudito il vede,
Non fa motto ed aspetta. Un giorno al fine
Ne gl’iterati giri, orba dinanzi
Le vien l’Offesa: al tacit’arco impone
260Nemesi allor l’amata pena; aggiunge
L’aerea punta impreveduta il fianco,
E l’empio corso allenta. Inonorata
La Fatica mirâr, che gli ermi intorno
Campi invano additava, a cui per anco
265Non chiedea de la messe il pigro ferro
Gli aurei doni dovuti: a lei compagno
L’Onor si fea; se forse a la sua luce
Più cara a l’occhio del mortal venisse
L’utile Dea. Vider la Fede, immota
270Servatrice dei giuri, e l’arridente
Ospital Genio che gl’ignoti astringe
Di fraterna catena; e tutta in fine
La schiera dia ne l’opra affaticarsi.