Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/723

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urania 717

310Canto a l’orecchio dei miglior, la lode.
Ma stagion lunga ancor volta non era,
Che ne le Nove ritornate un caro
De la terra desio nacque; chè ameno
Oltre a ogni loco a rivedersi è quello
315Che un gentil fatto ti rimembri: e questa
Elesser sede che secreta intorno
Religion circonda, e, l’arti antiche
Esercitando ancor, l’aura divina
Spirano a pochi in fra i viventi, e danno
320Colpir le menti d’immortal parola.
E te dal nascer tuo benigni in cura
Ebbe, o Pindaro, Urania. E s’oggi, o figlio,
Tanto amor non ti valse, ell’è d’un Nume
Vendetta: incauto, che a le grazie il culto
325Negasti, a l’alme del favor ministre
Dee, senza cui nè gl’Immortai son usi
Mover mai danza o moderar convito.
Da lor sol vien se cosa in fra i mortali
È di gentile, e sol qua giù quel canto
330Vivrà che lingua dal pensier profondo
Con la fortuna de le grazie attinga;
Queste implora coi voti, ed al perdono
Facili or piega. E la rapita lode
Più non ti dolga. A giovin quercia accanto
335Talor felce orgogliosa il suolo usurpa,
E cresce in selva, e il gentil ramo eccede
Col breve onor de le digiune frondi:
Ed ecco il verno la dissipa; e intanto
Tacitamente il solitario arbusto
340Gran parte abbranca di terreno, e mille
Rami nutrendo nel felice tronco,
Al grato pellegrin l’ombra prepara.
Signor così de gl’inni eterni, un giorno,
Solo in Olimpia regnerai: compagna
345Questa lira al tuo canto, a te sovente
Il tuo destino e l’amor mio rimembri.