Pagina:Opere varie di Michel Angelo Buonarroti il Giovane, Firenze, Le Monnier, 1863.djvu/409

Da Wikisource.

LXV.

 
Ahimè ch’io son pur nuda,
     E la testa si mi suda
     Pel gran peso ch’io sopporto,
     Che di frasche la cingo e la conforto.

La colonna.


LXVI.

 
Peregrino ch’io seguo ognor per via,
     Se ancor non ti raggiungo, mi perdona,
     Perchè, quantunque il mio natal mi dia
     Quattro aver gambe e braccia,
     Bisogno ho d’accattarmi la persona
     O vuoi da’ viandanti o da’ vicini,
     O ch’inulil mi giaccia.
     E ben ch’or tu cammini,
     Spero anche tu prestarmela talvolta:
     Suol prestarmela ognun per una volta.

La bara.


LXVII.

 
Chiaro io conosco, e intendo, e ’l dico forte,
     Molte esser donne in util altrui ingrate:
     Tal io, che non son monaca nè frate,
     Corro, e si gode altrui di mia rea sorte.

L'arrosto in su la gratella.


LXVIII.

 
Cosa a creder difficile ma vera,
     Che non per ingiustizia o villanìa,
     Anzi per cortesìa,
     Rendo il contrario altrui
     Di quel ch’ei porge a me:
     Ed ei divien per me quel ch’ei non era;
     Ma non già io per lui.
     Apponetevi voi chi io son, chi egli è.

Il laveggia o caldanuzzo da scaldar le mani e' piè.