Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/116

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Morta Annita, l'Italia moribonda che aveva con lei diviso il suo cuore, vi rimane sola, sventurata erede di nuova sventura; ma il cuore di Garibaldi non si restringe. E i pericoli si rinnovano, la morte incalza. Adesso tutto il mondo sa che Garibaldi, congedati gli avanzi dell'esercito col quale era sfuggito alla capitolazione di Roma, erra sul littorale di Ravenna in cerca di scampo: spie e pattuglie lo cercano. Appena ravvoltolato nella sabbia il cadavere della povera Annita, che i cani scovrirono e rosicchiarono nella notte, muta ricovero di capanna in capanna, protetto da povera gente, più triste perchè più solo, ma quasi tranquillo. Tutte le speranze d'Italia erano ospitate nel suo cuore: egli lo sentiva e camminava senza affrettarsi e senza nascondersi, seguendo le guide che il destino gli mandava e dicendo a tutti:

— Sono Garibaldi, insegnatemi la strada.

Quale?

E lo guidavano al sicuro.

Fra tanti, cui si scoperse, nessuno dubitò di lui e lo tradì. Un fascino fatale lo proteggeva. Biondo, coi capelli lunghi come la criniera di un leone, coll'occhio azzurro come l'azzurro delle più belle albe italiane, vestito come tutti i soldati d'Europa l'avevano veduto sulle mura di Roma fra le tempeste dell'assedio, nessuno dei tanti drappelli nemi