Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/124

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i i piccoli governi della penisola s'affannavano a ritirare dal naufragio quanto meglio potevano, profittando magari delle peggiori condizioni del vicino, significava che della rivoluzione vinta e della rivoluzione futura non avevano la più piccola coscienza. Dopo di essersi battuti per velleità nevrotiche contro lo straniero, si liticavano stiracchiando i confini come i moribondi tirano le lenzuola. Avrebbero ceduta tutta l'Italia per protrarre di un miglio la propria linea doganale.

Roma benediceva e malediva. Per lei tutta la rivoluzione era infame, e l'Austria tiranneggiava l'Italia per diritto divino, e Ferdinando valeva S. Luigi, e Isabella di Spagna Santa Teresa, e la libertà era falsa, la patria solamente in cielo, la storia italiana immutabile col papa re di poche provincie esauste, col napoletano selvaggio nelle campagne o putrido nelle città, col lombardo-veneto soffocato dai croati, coi ducati lacerati da maniaci come Carlo III o da usurai come Francesco V, con governi tutti senza garanzia di rappresentanza nazionale, coi mari senza navi, coi campi senza strade, colle frontiere senza eserciti, colle scuole senza scienze, colle arti senza ideali, colle chiese senza Dio.

Era il programma di Roma.

No.

Non era vero, nè il cristianesimo nè il cattolic