Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/166

Da Wikisource.

Era la notte del 20 settembre; l'ultima gente stava per rincasare.

Improvvisamente giunse la notizia della resa di Roma. Fu uno scoppio, una vampa. Tutti corsero a casa per comunicare la buona novella; usci e finestre si aprivano, i dormienti destati di soprassalto si affacciavano alle vie, bianchi nelle camicie come fantasmi: si scambiavano parole, erompevano grida.

— Le campane, le campane! urlò una voce; e tosto un gruppo di giovani

si divise per arrivare contemporaneamente alle tre o quattro chiese della cittaduzza. Molti già usciti formavano capannelli sulle porte.

— Roma è presa!
— Ah!
— Bene...
— Viva Roma capitale d'Italia!
— Viva!

L'applauso scoppiava da tutti i petti, mentre la gente si stringeva la mano come rammemorando i giorni angosciosi delle congiure quando tutto era pericolo, e promettendosi per l'avvenire una vita più alta e felice. A un tratto da vari punti squillarono le campane, da una finestra spuntò una bandiera: la notte era serena, la luna splendeva, un vento tiepido alitava.