Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/199

Da Wikisource.

Quando mi vide arrivare nel cortile, solo, colle gruccie sul carrettino, guidando lo stesso cavallo che mi aveva rovesciato, gettò un urlo. Aveva saputo della disgrazia, ma non la temeva così grave.

Avevo voluto discendere solo dalla villa, arrischiando così impotente ad ogni moto di pericolare lungo la strada, non so bene il perchè. Era una reazione della vanità offesa dalla caduta che si cimentava contro l'oscura possibilità di altri pericoli, o il bisogno di fermarmi solo a contemplare il luogo del mio disastro? Infatti, mi vi arrestai.

La giornata era nebbiosa, il vento aveva già disciolta la prima neve caduta. Mancavano due giorni al Natale. La strada gremita di biroccie era quasi impraticabile per la ghiaia distesavi di fresco; i passeri volavano sulle siepi davanti al mio cavallo, o sfiancando improvvisamente si cacciavano in un pagliaio o sotto un fascio di viti abbandonate ai piedi degli alberi. Qualche pettirosso balzava dal fossato sopra un paracarro guardandomi venire con due occhietti umidi e brillanti, mentre la bavarina aranciata arruffandoglisi faceva sembrare le sue zampine quasi troppo sottili. Ma d'un tratto schizzava via, e posandosi sopra uno stecco salutava e spariva.

A mezza strada un impeto forsennato di collera mi fece frustare il cavallo, che si slanciò alla carriera; perdetti quasi una gruccia.