Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/215

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come Salvini; torme di saltimbanchi e di gladiatori, carri pieni di statue e di leoni, processioni di santi e di prigionieri, labari e stendardi, aquile e gonfaloni, reliquie di santi e di governi, macchine di guerra e d'industria, cortei di giustiziati e di giubilei, anfore e cannoni, scialli e corrazze, ogni varietà di uomini e di cose soavi e nauseanti, ignobili e sublimi, tutto è passato per questa strada che fu lunghi secoli la più frequentata del mondo.

Se i grandi uomini che l'hanno percorsa vi si riunissero in un'ora, forse la riempirebbero così da impedirne il passaggio ai piccoli che la corrono quotidianamente.

Byron vi ha galoppato furioso e furiante dietro un'immagine o una donna; Goldsmith vi ha camminato lentamente suonando l'organetto, col quale si guadagnava le spese del viaggio; Leopardi vi ha pianto senza dubbio; Monti vi ha sparato le proprie rime inesauribili come un fuoco di moschetteria allegro e superbo. Il duca Valentino impadronendosi delle Romagne vi sognò la conquista d'Italia, Vittorio Emanuele la percorse quattro secoli dopo, luminoso nell'apoteosi di quel torbido sogno. Shelley e Guerrazzi vi pensarono entrambi alla stessa Beatrice Cenci; Augusto Lepido e Marcantonio vi si incontrarono per dividersi il mondo; Francesca da Rimini e Galla Placidia vi hanno lasciato colla loro leggenda il canto