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Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/305

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l'unità cristiana anche più universale ed astratta non poteva riunire l'Italia. La lotta ricominciò fra la Chiesa e l'Impero: quella malgrado tutte le proprie contraddizioni era per la libertà, l'Impero per la tirannia; l'infallibile istinto storico fece guelfo il popolo e ghibellina l'aristocrazia feudale. Il Macchiavelli lo nota ma non arriva a comprendere neppure confusamente la vera posizione e l'azione storica del papato nel medio evo. Il suo pregiudizio irreligioso lo trascina, la sua inettitudine alla filosofia e alla critica lo paralizza. Egli che considerava il popolo senz'anima come cera in mano al Principe legislatore, non poteva nemmeno sospettare che la nazionalità derivasse dalla unità delle coscienze individuali. Così gli sfuggono tutti gli elementi spirituali del cristianesimo, del quale si ostina a non vedere che gli eccessi penitenziari e le mostruosità rituali. Per lui le crociate, il più gran fatto del medio evo, che iniziava tutto l'avvenire, è opera di Urbano II, il quale odiato a Roma ripara in Francia e vi predica contro gl'infedeli: le sole conseguenze di esso sono la fondazione dei due ordini di cavalieri, Templari e Gerosolimitani, e poche conquiste in Oriente. Nella grande contesa fra papato ed impero non vede Gregorio VII, figura gigantesca di cui l'ombra potè per un momento coprire tutto l'impero, mentre in ogni avvenimento scorge poi