Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/431

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la coscienza. Vissuta, prima di risorgere nazione, nella servitù di ogni forte e nella gloria di un passato al quale nessun presente o futuro di popolo potrà mai somigliare; cresciuta accattando aiuti e dispregi e tremando della propria rivoluzione, perfino sotto la corazza degli ultimi re di Savoia ai quali si sottometteva per incorreggibile abitudine di servitù; discesa ipocritamente da Torino a Firenze per salire trepidamente a Roma; sospinta dalla legge storica dell'Europa all'impresa africana senza comprenderne nè il carattere nè volerne la grandezza, aveva d'uopo che un drappello de' suoi soldati trasformandosi in eroi le provasse che nelle vene del suo popolo ferveva ancora il sangue latino e che la rivoluzione, per la quale era rinata e dalla quale aveva rifuggito, proseguiva nell'impresa d'Africa sospingendola col proprio soffio.

Quei cinquecento soldati, che prigionieri di un'immensa moltitudine non avevano nemmeno rivolto il capo per cercare istintivamente il lido lontano di Massaua, erano l'Italia nuova. Parlamento, Ministero, Monarchia, tutto disparve in loro, davanti a quest'Africa selvaggia che voleva respingerli, e sorpresi si disponeva a trucidarli. Indietreggiare era sottomettere la loro coscienza all'istinto di quei selvaggi, che si battevano per non diventare uomini.