Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/97

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abitudini che la morte poteva interrompere, non già la vita mutare; paure e ignoranze, viltà di ogni servitù, gelosie di qualunque grado. La rivoluzione non era possibile, il popolo non la sentiva. Invano una piccola minoranza aveva profuso da molti anni e seguitava a profondere eroismi di pensiero e di cuore, prodigava sangue e danaro, dimenticando tutta sè medesima nella passione della patria da redimere; la patria indolenzita e indolente rimaneva accovacciata sotto le sedie dei propri tiranni, guardando con stanco sorriso coloro che tentavano di scuoterla ed arrischiavano in questo la vita.

L'Italia allora non aveva nè un re, nè un generale, nè un politico.

In qual guerra aveva trionfato Carlo Alberto? E non era che re di Piemonte, e non aveva osato dire alteramente all'Italia: sii mia! Quale fra i tanti ministri dei tanti piccoli Stati sarebbe stato così forte da soffocare la voce degli altri per farsi intendere dall'Europa? Il migliore, quello del papa, Pellegrino Rossi, smarriva ogni senno politico nel sogno di un papato costituzionale.

Tutti gli italiani erano stranieri fra loro: piemontesi, napoletani, lombardi, toscani, veneti, umbri, siculi, divisi per storie, per indole, per produzione non avevano in comune che la servitù, e