Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/152

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Non suonava più. Invece si era data alla lettura del romanzi di Zola, facendoli comprare segretamente dalla vecchia cameriera. Era quella la passione? Quello l’ideale? Eppure Loris, amandola, non era stato così: perchè si era poi mutato? Se lo zio aveva potuto frustarlo per la richiesta della sua mano, quale colpa ne aveva ella? E rivedendosi da capo in quella caverna, si sentiva ancora l’alito fetido ed oleoso di Topine sulla bocca, si vedeva seminuda, colle gambe scoperte, gli stivali in aria, tutte le sottane sul ventre bruciato come da un ferro rovente, mentre Topine la schiacciava con un gomito sul collo, e Loris pallido come un morto si curvava su lei contemplandola.

Allora impeti d’odio la facevano urlare; avrebbe voluto tenere Loris sotto i piedi per ucciderlo o farlo uccidere col più feroce dei supplizi, ma non avrebbe osato rivedere Topine. Il suo aspetto solo l’avrebbe uccisa. Come vivrebbe ella in appresso? A qual uomo potrebbe raccontare quello che le era accaduto? Quale uomo lo crederebbe? Tutto era dunque finito: la sua vita non sarebbe più che l’indomani di quella catastrofe, un indomani atrocemente monotono, senza una speranza, nella solitudine di un rimpianto inconsolabile, colla sensazione inesauribile di quel momento infernale.

Poi lentamente migliorò.

L’anno seguente, nel Novembre, lo zio fu conten-